Diritto Penale

Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro

E-mail Stampa PDF
 
Il DPR 547/1955 definisce e determina gli obblighi generali dei datori di lavoro, dirigenti e preposti, intendendo per datore di lavoro colui che impiega lavoratori alle proprie dipendenze e sotto le proprie direttive, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un’arte o mestiere. Il dirigente, invece, è il lavoratore che con la sua attività influisce sull’intera azienda o su di un ramo rilevante di essa, senza essere soggetto al potere gerarchico di altro lavoratore subordinato, ma solo del datore di lavoro; e ancora si indica come preposto colui che sovraintende il lavoro degli altri, generalmente un operaio specializzato con funzioni di controllo.
E’ proprio l’art. 4 lett. b) del DPR 547/1955 a stabilire che i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti devono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e portare a loro conoscenza le norme essenziali di prevenzione. L’informazione fornita al lavoratore non deve comunque riguardare ogni rischio generico, ma rischi specifici, indicando le possibili conseguenze dannose.
La stessa giurisprudenza ha in maniera costante affermato che il datore di lavoro, indipendentemente dalla continuità della sua presenza sul luogo di lavoro, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici e del fatto che il lavoratore possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza1.
Ancora, poiché le norme di prevenzione antinfortunistica mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza o imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e del destinatario dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore che presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile2.
Nello specifico l’art. 82 del DPR 547/1955, norma la cui violazione è contestata nel caso in esame, intitolato “Blocco della posizione di fermo della macchina”, stabilisce che le macchine che per operazioni di caricamento, registrazione, cambio pezzi, pulizia, manutenzione richiedano che il lavoratore si introduca in esse devono essere provviste di dispositivi che assicurino in modo assoluto la posizione di fermo della macchina.
In base ad una giurisprudenza ormai costante è stato riconosciuto che anche i componenti del servizio di prevenzione e protezione, pur privi di poteri decisionali e di spesa, possono essere ritenuti responsabili del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione3.
In tema di infortuni sul lavoro, l’eventuale colpa concorrente dei lavoratori non può spiegare alcun effetto esimente per uno dei soggetti indicati dal DPR 547/1955, art. 4 (datore di lavoro/dirigente/preposto), che si sia comunque reso responsabile di specifica violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica, in quanto la normativa relativa è diretta a prevenire pure la condotta colposa dei lavoratori per la cui tutela è adottata4. Il datore di lavoro è, cioè, “garante” anche della correttezze dell’agire del lavoratore, essendogli imposto di esigere dal lavoratore il rispetto delle regole di cautela, conseguendone, appunto, in linea di principio, che la colpa del datore di lavoro, nel caso di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, non è esclusa da quella del lavoratore. In tal caso, l’evento dannoso è imputato al datore di lavoro, in forza della posizione di garanzia di cui questi è onerato ex lege, sulla base del principio dell’equivalenza delle cause vigente nel sistema penale (art. 41 comma 1 c.p.). Per mitigare l’ambito di operatività della posizione di garanzia, vale esclusivamente il principio dell’interruzione del nesso causale, esplicitato normativamente dall’art. 41 comma 2 c.p., in forza del quale, la causa sopravvenuta del tutto eccezionale ed imprevedibile, in alcun modo legata a quelle che la hanno preceduta, finisce con l’assurgere a causa esclusiva di verificazione dell’evento.
Deve ritenersi che, per interrompere il nesso causale, occorra un comportamento del lavoratore che sia anomalo ed imprevedibile e, come tale, inevitabile; cioè un comportamento che ragionevolmente non può farsi rientrare nell’obbligo di garanzia posto a carico del datore di lavoro. Si deve trattare, in altri termini, di un comportamento del lavoratore definibile come “abnorme”, che, quindi, per la sua stranezza ed imprevedibilità si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro5
1 Cass., Sez. IV, 11 giugno 2008, n. 23505;
2 Cass., Sez. IV, 12 novembre 2008, n.42143;
3 Cass., Sez. IV, 06 dicembre 2007, Oberrauch; Cass., Sez. IV, 15 febbraio 2007, Fusilli;
4 Cass., Sez. IV, 22 gennaio 2007, Pedone;
5 Cass., Sez. IV, 15 maggio 2008, n. 19523;